Il renzismo spazza via il sessantottismo.
Molti hanno cercato di individuare quale sia la novità
“storica” del “renzismo”, cioè quella maniera di procedere di Matteo Renzi.
Il renzismo non è una
ideologia, non è una corrrente intellettuale, non è una analisi storica. Il
renzismo è innanzitutto un modo di fare guardando solo avanti. Un modo veloce
che non cede più di tanto al compromesso in itinere ed a vetustà storiche che
hanno fatto il loro tempo. Sicuramente spicciolo nella comunicazione e
altrettanto spicciolo nel percorso, deciso
e fermo. In ciò ricorda i “futuristi” e mi scusino essi stessi da dove
si trovano, da Giacomo Balla a Marinetti, e tutti coloro che ne apprezzano le
arti e la modernità. Ma non siamo all’inizio del Novecento, ma cento anni dopo
e qualcosa sarà pur cambiata in Italia. La politica stucchevole o paludosa si
ripropone spesso nella vita storica delle nazioni e noi non abbiamo fatto eccezione
dal sessant’otto in poi. In quei tempi era importante “parlare” e poi ancora
“parlare”, dibattere, era importante il dibattito, per arrivare all’analisi. Si
l’analisi. Ma alla fine si finiva nel nulla. Dopo ore estenuanti di
“partecipazione popolare” si arrivava ad una conclusione che veniva contestata
da una parte di loro stessi e che quindi mancando della unanimità tra i
“compagni” si finiva anche per litigare e dopo molte litigate a dissociarsi e a
fondare gruppi e gruppuscoli “autonomi” che continuavano a dibattere e poi
dibattere perché era importante “l’unità” e alla fine il documento di sintesi
veniva contestato sempre da una parte e via, via e ancora via. Parole e fughe
in avanti, più a sinistra. Chi era più a
sinistra era anche più “bravo ed evoluto politicamente”, ed allora chiacchiere
e dibattiti. Dibattiti e contestazioni. Analisi intellettuali che parlavano di
rivoluzione. Rivoluzione proletaria o del popolo. Cambiava il linguaggio, più
esplicito nella volgarità, ma stava cambiando tutto e tutto si stava
involgarendo. Libertà era intesa come “faccio quello che mi pare”. Quanti
genitori si sono sentiti dire a muso duro questa frase dalle figlie o dai
figli. Con loro non c’era dialogo. Sì non c’era dibattito, questa volta, ma
solo imposizione di quella gioventù comunista che si riempiva la bocca con le
parole democrazia e antifascista.
L’anatema era frequentissimo e l’accusa era quasi sempre d’essere un fascista. Antesignani della “ Fatwa” dei
tanti Muftì del tempo. Il passo verso l’estremismo era facile e dava un “senso
alla vita”. E da qui, dall’estremismo, per essere ancora più di sinistra, al
terrorismo il passo non fu mai lungo. Ma in realtà non era un percorso
politico, era un gioco personale. La politica troppe volte era un pretesto per
mettersi in luce, per essere noto, per essere visto e sentito e gratificato di
applausi e commenti, per far colpo, per sentirsi col petto gonfio e più degli
altri a sinistra o più maleducato o più violento era un vanto, qualcuno da
imitare, una figura messianica da seguire. Quello lì spezza l’educazione
borghese, quell’altro è un vero rivoluzionario. Se lui è un leninista, allora,
l’altro sarà uno stalinista, ma l’altro ancora, che lo vuole fregare nella gara
a chi è pi rivoluzionario, un autentico comunista, si dichiarerà un troskista.
Allora che si fa, come si può essere, forse più a sinistra del troskista. Ecco, si è dei castristi. Perfetta
sintesi di rivoluzionario e comunismo ortodosso. Ma si può fregarlo perché noi
si è maoisti. Ma come si possono fregare questi ultimi….ah ecco noi siamo il
vertice, la crème de la crème siamo “brigatisti”. Allora sono spuntate le
Brigate Rosse con le loro analisi, l’organizzazione militare le azioni
eclatanti, gli omicidi e le rivendicazioni con comunicati stampa con la stella
a cinque punte in alto ed in mezzo. Tutto ciclostilato. Non si può entrare
nelle BR….noi siamo noi. Alllora fondiamo i Nap, nuclei armati proletari. Ma
noi siamo noi, non possiamo confonderci con gli altri. Allora nascono i Nuclei
comunisti combattenti e così via. Il tempo trascorreva. Trascorreva così, tra morti
di “servitori dello Stato”, fascista naturalmente, assalti a banche per autofinanziarsi. Nel
frattempo,i più piccoli, le masse
proletarie, organizzavano cortei, manifestazioni nelle quali lo scontro con la
polizia non poteva mancare perché era lo scopo ed espropri proletari tra un
diciotto politico ed esami di gruppo all’università. Tutto organizzato dai
compagni. Organizzare il caos. E attraverso il Caos la presa del potere. Potere
proletario, s’intende. Non uno qualunque. Potere comunista, per altri. Ma qual
è la differenza tra “potere proletario e potere comunista”? E allora si
dibatteva, si dibatteva, ma non si arrivava mai alla sintesi, ma l’analisi
c’era. Ma a volte “la tua analisi è sbagliata, compagno”.
Il tempo passava. Passò anche per Aldo Moro. E piano piano verso il 1984 rivoluzione, eversione e sovversione sparirono o quasi. Tutto fallì, ma non il sessantottismo che continuò ad imperversare in Italia e a devastarla. Anzi prese il potere. IL PCI, si trasformò in Pds per vergogna rispetto alla Storia che l’ha visto perdente. Il muro di Berlino che crolla nel 1989 sancisce la fine del comunismo e dei comunisti, ma non del sessantottismo…quello delle chiacchiere inconcludenti, delle invidie nella corsa al potere a costo di tutto anche di contraddirsi. Ciò che veniva criticato alla vecchia DC veniva applicato dai politici del PDS e dei DS. Si incominciava a metà degli anni novanta a rivalutare certi partiti della prima repubblica. Quelli che governavano l’Italia di allora non erano all’altezza. Molte parole, nella sinistra, pochi fatti positivi, tantissimi quelli negativi. Ciò che non cambiava mai era il dibattito. Ciò che era sempre presente l’incapacità a spese dello Stato e l’inclinazione al compromesso più incredibile e dannoso. Chi in quegli anni ha bene impersonato tutto ciò è senza ombra di dubbio Massimo D’Alema e naturalmente il suo partito. Gente che è capace di perdere anche se gioca da solo. Il declino dell’Italia fu causato dalla loro imbecillità politica. Un partito che rimaneva ancorato ad una stagione della loro gioventù visto che adesso sono loro, ormai con i capelli bianchi, ad avere il potere nel partito e nella nazione quando vincono e poi perdono per la loro incapacità e fame. Un partito che politicamente definirei dei “fichi secchi”. Buoni a nulla se non a se stessi…come nel sessantotto. Si legano alla margherita, ex DC, per fondare un nuovo partito: il PD. Ma questo partito conserva ancora splendidi incapaci come D’Alema, Bersani, Veltroni ecc. la lista è troppo lunga.
Il tempo passava. Passò anche per Aldo Moro. E piano piano verso il 1984 rivoluzione, eversione e sovversione sparirono o quasi. Tutto fallì, ma non il sessantottismo che continuò ad imperversare in Italia e a devastarla. Anzi prese il potere. IL PCI, si trasformò in Pds per vergogna rispetto alla Storia che l’ha visto perdente. Il muro di Berlino che crolla nel 1989 sancisce la fine del comunismo e dei comunisti, ma non del sessantottismo…quello delle chiacchiere inconcludenti, delle invidie nella corsa al potere a costo di tutto anche di contraddirsi. Ciò che veniva criticato alla vecchia DC veniva applicato dai politici del PDS e dei DS. Si incominciava a metà degli anni novanta a rivalutare certi partiti della prima repubblica. Quelli che governavano l’Italia di allora non erano all’altezza. Molte parole, nella sinistra, pochi fatti positivi, tantissimi quelli negativi. Ciò che non cambiava mai era il dibattito. Ciò che era sempre presente l’incapacità a spese dello Stato e l’inclinazione al compromesso più incredibile e dannoso. Chi in quegli anni ha bene impersonato tutto ciò è senza ombra di dubbio Massimo D’Alema e naturalmente il suo partito. Gente che è capace di perdere anche se gioca da solo. Il declino dell’Italia fu causato dalla loro imbecillità politica. Un partito che rimaneva ancorato ad una stagione della loro gioventù visto che adesso sono loro, ormai con i capelli bianchi, ad avere il potere nel partito e nella nazione quando vincono e poi perdono per la loro incapacità e fame. Un partito che politicamente definirei dei “fichi secchi”. Buoni a nulla se non a se stessi…come nel sessantotto. Si legano alla margherita, ex DC, per fondare un nuovo partito: il PD. Ma questo partito conserva ancora splendidi incapaci come D’Alema, Bersani, Veltroni ecc. la lista è troppo lunga.
Renzi ed il suo metodo veloce, del fare, del concretizzare
il cambiamento con poche mosse spazza il sessantottismo in Italia. Questa è la novità storica del renzismo: la
fine del sessantottismo. Cioè quella maniera del fare e dell’ agire in politica
che pone l’analisi e il dibattito permanente come sistema metodologico
dell’inconcludenza.
Lo scontro di questo mese tra Renzi e Corradino Mineo,
entrambi dello stesso partito, è uno scontro tra due mondi diversi. Mineo ha
dentro di sé il ’68 nel metodo e nell’impostazione, Renzi non ce l’ha il ’68,
non era nemmeno nato, è visibilmente diverso ed in contrasto netto. Perderà Mineo perché non ha capito che la
storia con Matteo Renzi ha voltato pagina e volume. Se si vuole un altro
esempio significativo di ciò che vado affermando è la trattativa di Alitalia in
vendita, parziale, alla compagnia araba di Ethiad. I sindacati di sinistra
sbagliano. Stanno ripercorrendo la stessa strada che fino ad un recente passato
ha funzionato ed ha affossato, per la parte di loro competenza l’Alitalia e
l’Italia. Adesso è proprio la Storia che è cambiata. Vecchi metodi, ereditati
dalle stagioni del ‘68 in poi non sono più proponibili e saranno perdenti. Uno
schema ricopiato e riproposto per 45 anni. Non sono capaci di pensare diversamente,
per fare gli interessi dei lavoratori
senza caricare i costi sullo Stato . Hanno
già perso, sono già fuori dal contesto salvo che non trovino un Renzi
sindacalista per CGIL e UIL. Proprio
oggi, 30 luglio 2014, è uscito l’ultimo numero de L’Unità. Giornale di parte,
del vecchio PCI col titolone a tutta pagina:”Hanno ucciso L’Unità”. Le pagine
interne bianche, tranne la metà della seconda ove era stampato l’articolo del
direttore che spiega perché il giornale chiude e quello di domani sarà l’ultimo
numero . Accusa della crisi anche un certo “fuoco amico”. Probabilmente si
riferisce a Renzi.
Si vorrebbe salvarlo con i soldi pubblici. Si vorrebbe farlo
sopravvivere così come è sempre successo negli ultimi decenni , lo abbiamo
sentito già stasera a Tg com 24 da parte di Sansonetti ex giornalista de
L’Unità e sessantottino. Questa volta è
finita per sempre, i mostri sacri, gli intoccabili del passato, forse anche glorioso,
non ne esistono più per il renzismo.
Il PD di oggi incarna con Renzi una sinistra diversa, anzi
che non era mai esistita. Forse blanda, ma ancora “popolare” in un mondo
globalizzato, per certi e molti versi omologato, della finanza da squali, senza
anima e umanità.