Il presidente degli USA, nel recentissimo vertice del G8 a Lough Erne, in Irlanda del Nord, ha ribadito con più forza rispetto a qualche mese fa quando ci fu il primo grosso disaccordo con la Francia, l’idea strategica di un Mercato Unico del Nord Atlantico almeno così io lo voglio chiamare. Giacchè l’acronimo ufficiale è Ttip (Transatlantic trade and investiment partnership) la mia semplice ma efficace versione in MUNA vuole sottolineare una simmetria con quella che fu una delle grandi e più efficaci invenzioni in politica estera di tutto il secondo dopoguerra e cioè la NATO, organismo di difesa comune del nord atlantico.
Il Muna o Ttip è idea rivoluzionaria quanto e forse più
della Nato. Non più una alleanza militare, ma economica. Nel mondo globalizzato
e per molti versi omologato, il primato economico, produzione + comercio,
dell’Occidente è messo a durissima prova e le conseguenze sono quotidianamente
sotto gli occhi di tutti. Noi occidentali ne facciamo le spese in termini di
arretramento del nostro tenore di vita in quanto l’aumento della disoccupazione
è direttamente conseguente alla continua deindustrializzazione di vasti
territori europei e nord americani in virtù di una concorrenza difficile da
sostenere sul breve e medio periodo e delle delocalizzazioni delle nostre
aziende.
Creare un mercato unico delle merci del Nord Atlantico
sarebbe una di quelle alleanze strategiche che consentirebbe all’Occidente non
solo di sopravvivere ma anche di continuare ad avere un margine di vantaggio su
qualsiasi area del Pianeta. Basta ricordare che l’interscambio commerciale tra
Europa e Nord America si aggira sui 1000 miliardi di dollari all’anno ed è di
gran lunga il primo al mondo. Cultura, storia e tradizione, tecnologie,
capacità imprenditoriali ed economiche non mancano a condizione che vengano
ridimensionate le “letalità” della finanza internazionale. Cioè varare una
serie di misure ove non può essere molto conveniente, come è oggi, investire in
finanza; quindi si ritorni ad investire in industrie e tecnologie e ricerca e
non in speculazioni finanziarie che rappresentano le azioni di tipo
eminentemente parassitarie che stanno
divorando l’Occidente stesso, cioè la parte più ricca del Pianeta. Tagliare le
unghie, le mani e le braccia alla speculazione finanziaria internazionale è
questione di sopravvivenza del nostro universo occidentale e mondiale. La cosa
buffa e che la giostra finanziaria è stata creata proprio dall’Occidente e qui
si ricorda che chi crea mostri, storicamente, sarà sempre divorato dagli stessi
mostruosi suoi figli. Fra l’altro sembra esserci un avanzamento del potere
mondiale effettivo di questi “invisibili” rispetto al potere della
rappresentanza politica eletta.
Il ridimensionamento della speculazione finanziaria avrà una
serie di effetti diretti estremamente positivi:
a)
Non avranno più di tanto senso i paradisi
fiscali i quali continueranno ancora ad esserci ma per il piccolo cabotaggio
riguardante solo l’evasione fiscale,
b)
Il flusso di denaro verrà, a questo punto,
impiegato in investimenti industriali e nei più svariati campi e nella ricerca.
c)
Di conseguenza ci sarà una nuova rinascita
economica mondiale con il fiorire di iniziative artistiche, con maggiori
investimenti nello stato sociale, in infrastrutture e in aiuti agli altri popoli
della Terra bisognosi di soccorso.
d)
La ricerca di una produzione compatibile con
l’ambiente si potrà dunque finanziare con grandi capitali e generare prodotti
biocompatibili e a basso consumo di energia.
Attualmente la speculazione internazionale che vive un periodo
storico grandioso rallenta e spesso blocca il progresso civile su questo
pianeta. E’ assolutamente necessario, in tempi brevissimi, rimuovere tutte le
leggi che hanno cancellato le regole del gioco come quelle volute dalla Thatcher,
da Reagan,e dai Bush e a livello nazionale dai vari Prodi,
Berlusconi, Tremonti e Monti.